Per riuscire a raggiungere e mantenere una, anche piccola, posizione nel sistema di potere occorre avere oggi delle capacità che esulano da quelle meramente politiche. Sono molti i personaggi che hanno costruito la loro brillante carriera in modo diverso da quello tradizionale, facendosi strada ieri negli studi televisivi e oggi su Internet. In ogni caso, come nel passato, uno dei modi per acquisire popolarità è quello di fare in modo che il proprio nome compaia quotidianamente nella cronaca, che sia sempre presente nell’interminabile racconto dei mezzi di comunicazione di massa. Per ottenere questo risultato non è necessario rilasciare dichiarazioni memorabili o fare azioni eclatanti in quanto, oltre alla necessaria complicità degli addetti ai lavori, vale ancora il vecchio detto: “bene o male, basta che si parli di me”.
Nel manuale del perfetto politico moderno c’è anche un intero capitolo dedicato alla scelta delle tematiche da usare: devono essere adattabili ad ogni occasione e, soprattutto, facilmente comprensibili dalla maggior parte delle persone. Questi “cavalli di battaglia” devono essere pochi ma ripetuti, l’ideale poi è trovare uno o più (ma non troppi) slogan che riescano a entrare nel discorso sia dei propri potenziali sostenitori che degli avversari. Ogni volta che un politico usa uno slogan di un suo concorrente, anche solo per criticarlo o deriderlo, gli fa un favore gratuito; l’imitazione fatta dal comico alla moda aggiunge ulteriore fama. Se poi, a tutto quanto elencato sopra, si aggiunge anche un po’ di “spettacolo” di piazza il successo è quasi a portata di mano.
Non è detto però che la notorietà mediatica si trasformi automaticamente in un buon risultato elettorale, sebbene difficilmente un totale sconosciuto riuscirebbe ad ottenerlo.
Tra i temi agitati in questa ultima campagna elettorale, quello dell’immigrazione è stato sicuramente tra i più presenti. Tutti i partiti e tutti i candidati lo hanno svolto secondo le loro personali attitudini: dal più bieco razzismo al più becero legalitarismo.
Gli immigrati sono, ormai da troppo tempo, sfruttati a tutti i livelli ed in tutti i modi.
Arrivano, mettendo a rischio la loro vita e arricchendo i moderni trafficanti di schiavi e vengono accolti e raccolti facendo la fortuna di associazioni finanziate per gestire quelli che a volte sono dei veri e propri campi di concentramento. Quelli che riescono a trovare una occupazione sono sfruttati, in modo “legale” o “illegale”, spesso da quelle stesse persone che in pubblico si scagliano con maggiore veemenza contro di loro.
All’inizio del grande esodo, il ritornello era “vengono a rubare il lavoro agli italiani” oppure “fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare”. Oggi, che affermazioni del genere suonerebbero ridicole anche sulla bocca del meno cretino dei razzisti, si è passati ad altro. A prevalere è l’incontinenza verbale di coloro che conoscono solo l’equazione immigrato uguale terrorista islamico, per cui dietro ogni persona che a prima vista non sia italiano si nasconde un pericolo mortale per tutti. E la propaganda razzista rischia di dilagare.
Lottare contro il razzismo significa oggi non solo protestare contro i politici che approvano leggi discriminatorie o che diffondono in ogni occasione l’odio per chi è diverso ma, in primo luogo, combattere la loro propaganda tra le persone. Impedire che si diffondano comportamenti e idee basate non sui comportamenti di una persona, ma sul colore della sua pelle, sul suo modo di vestire o parlare, sulla sua diversità.
Ma la propaganda razzista serve anche a diffondere paura, una sentimento che può partire da qualcosa di concreto ma che si allarga spesso senza ragione, una paura che è funzionale al sistema capitalistico e statale. Lo sfruttamento degli emigranti non è che una forma peggiore dello sfruttamento quotidiano di quelli che immigrati non sono e convincere uno sfruttato ad aver paura di un altro sfruttato è un bel successo. La paura dell’immigrato diventa la paura di opporsi allo stato di cose presenti, paura di lottare per il diritto ad una vita migliore e a una società più giusta.
Oggi non è possibile scindere le nostre lotte da quelle contro la propaganda razzista. Senza paura.
Pepsy